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Come recuperare la forza muscolare

Cos’è il recupero biologico

L'atleta non si rafforza in palestra, si rafforza grazie agli adattamenti che si attuano durante il riposo tra gli stimoli allenanti. Il recupero biologico per lo sportivo è composto da due aspetti facenti parte di uno stesso processo che è orientato al miglioramento della performace sportiva. La prima parte è il recupero dell’omeostasi fisiologica, l’organismo dovrà quindi tornare alle condizioni organiche che aveva prima di essere esposto all’evento stressogeno, ossia allenamento o partita. Gestendo al meglio la fase di recupero lo sportivo supercompenserà (figura 1) la precedente omeostasi, raggiungendo un livello prestativo superiore al momento in cui si è sottoposto all’evento stressogeno, ossia l’allenamento. Ho parlato di evento stressogeno perché questo concetto ci deve far riflettere in quanto la gestione degli adattamenti, indotti dallo stress, saranno tanto più significativi quanto il livello di stress (attraverso i suoi mediatori molecolari) sarà presente nella giusta misura, né troppo né troppo poco.

Figura 1

La risposta fisiologica alla sforzo ed i sistemi per favorire il recupero

Il concetto di evento stressogeno, di perturbazione dell’equilibrio omeostatico, vale anche per l’allenamento con le dovute proporzioni, in quanto l’allenamento, per quanto pesante possa essere, difficilmente, quantomeno non spesso, riuscirà ad eguagliare il carico fisico e cognitivo di una gara. Rifacendomi a quest’ultimo concetto voglio collegare il recupero della totalità della capacità prestativa, distinguendolo in componente muscolo-tendinea e cognitiva. L’eccesso di stress può incidere significativamente su idratazione (vedi articolo dedicato all’idratazione) e risposta ormonale. Il processo di rimodellamento muscolare e biologico in generale, orientato alla “costruzione”, è definito anabolismo. Per anabolismo si intende quindi il processo fisiologico di recupero che consentirà di tornare all’omeostasi e addirittura di migliorare la condizione basale dello sportivo; qualora l’attività eccitatoria (sistema adrenergico) non dovesse essere inibita, si andrebbe incontro a processi catabolici, che sono all’opposto dei processi anabolici (mancato recupero), con conseguente regolazione ormonale avversa. I livelli elevati di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) complicheranno il lavoro del sistema GABA-ergico, sistema deputato alla riduzione della stimolazione eccitatoria dei neuroni. Come ho detto all’inizio il corpo umano recupera soprattutto quando riposa, pensare di recuperare bene senza “spegnere” il sistema di eccitatorio è piuttosto complicato, sarebbe come cercare di dormire per terra, con la luce accesa mentre lo stereo riproduce un brano musicale punk a tutto volume.

Figura 2

Tornando alla parte fisiologica, come si può notare in figura 2, il recupero dell’omeostasi necessità di tempi biologici direttamente proporzionali all’intensità dell’evento sportivo ed al livello di allenamento individuale. La contrazione di tali tempi è legata allo stile di vita dello sportivo, in special modo a come si idrata e come si alimenta. Dopo l’attività motoria è importante reidratarsi, apportando all’organismo sali minerali e acqua. Come coadiuvante al corretto recupero psico-fisico possiamo pensare di aggiungere tisane calmanti e lenitive, oppure, per praticità ed efficacia, possiamo somministrare uno shot relax 4+ in aggiunta alle bevande utilizzate dall’atleta.

Per riparare il sistema muscolo scheletrico ed accumulare prezioso glicogeno nei muscoli e nel fegato non è necessario alimentarsi voracemente al termine dell’attività motoria, soprattutto quando lo sforzo erogato è davvero impegnativo. L’organismo ha bisogno di adattarsi e di consentire al sangue, che fino ad un attimo prima è stato fondamentale nel favorire il lavoro muscolare, di favorire il la funzionalità gastro-intestinale. Il concetto di finestra anabolica fa riferimento ad un lasso temporale ben definito, convenzionalmente 120 minuti, all’interno del quale le capacità biologiche di utilizzo dei nutrienti sarebbero marcatamente elevate. Il tema è recentemente stato interesse di tesi controverse; per quanto mi riguarda resta comunque un’opportunità da non sottovalutare. Alla luce di quanto affermato ritengo utile dividere il timing di assunzione dei nutrienti in 3 fasi. Una prima fase liquida, quella che ho citato poco fa, relativa all’assunzione di liquidi ed eventuali calmanti naturali, una seconda fase, ancora liquida, nella quale iniziare a favorire il recupero delle scorte di glicogeno muscolare, continuare ad idratare, magari con l’ausilio di una piccola quantità di creatina; infine servirà una quota di amminoacidi essenziali o proteine del siero di latte. La componente proteica, attraverso la stimolazione dell’mTOR, favorirà la rigenerazione muscolare. A tal proposito ho sviluppato per 4+ sport recovery +, un integratore formulato in modo ottimale con l’obiettivo di favorire il recupero biologico dell’organismo. La terza fase è solida, ovvero verranno consumati alimenti solidi. Il pasto vero e proprio, se così posso chiamarlo, deve contenere carboidrati facili da digerire, proteine nobili e pochi grassi. Le linee guida sono abbastanza chiare in tal senso, le formulazioni gastronomiche però devono trovare il consenso dello sportivo. Fantasia e qualche virtuosismo tra i fornelli di certo aiuteranno l’atleta e lo sportivo amatoriale più esigente all’aderenza del piano dietetico. Petto di pollo e riso bianco rischiano di diventare monotoni e generare una sorta di rigetto da parte degli sportivi, per cui spazio ad alternative più varie e gustose. Il purè, se non mantecato con grassi, può essere una bella alternativa, gluten free, ad alto indice glicemico e facile da digerire. Si possono anche elaborare proposte gustose come ad esempio hamburger preparati con ingredienti scelti ad hoc e preparati, dal punto di vista gastronomico, con i virtuosismi necessari. E’ fondamentale conoscere bene gli atleti per proporre delle soluzioni perseguibili dal punto di vista pratico, non soltanto teorico.

Il monitoraggio dello stress fisiologico dell’atleta

Nel paragrafo precedente ho parlato, in linea generale, di cosa accade allo sportivo sottoposto ad allenamento ed ho fatto riferimento alle pratiche più comuni per favorirne il recupero. Ma come si fa a capire quanto l’atleta sia stanco e quanto effettivamente necessiti di recupero? Rispondo dicendo che possiamo stimare il livello di affaticamento di un singolo atleta attraverso approcci dal più semplice ed economico a quello più complesso e costoso. Inizio facendo riferimento alla consueta idratazione. E’ noto che un’ipo-idratazione può portare ad infortunio e riduzione della performance, per cui come si può monitorare? Il sistema più semplice è quello di pesarsi prima e dopo l’allenamento, vedere quanto peso si è perso ed agire di conseguenza attraverso l’apporto di liquidi con un approccio quantitativo del 100/150% del peso perso. Cosa bere? Acqua, oppure una bevanda ad alto indice di idratazione. Quali sono queste bevande particolarmente idratanti? Latte scremato e spremuta di arancia consentono all’organismo di trattenere più liquidi rispetto alla sola acqua. L’alternativa risiede in bevande che contengano un po’ di carboidrati e Sali minerali come ad esempio isotonic sport drink di 4+. La scala RPE è un altro efficace sistema di valutazione della percezione del carico di lavoro a cui vengono sottoposti gli atleti. Generalmente viene mostrata all’atleta una tabella numerata e colorata, quest’ultimo indicherà qual è il livello di sforzo che ha percepito.

Figura 3

Tra i sistemi un po’ più costosi e complessi ci sono il monitoraggio della variabilità cardiaca (HRV) che consente di valutare l’attività cardiaca in modo da stabilire se l’attività nervosa sia predisponente al recupero, oppure se l’atleta sia ancora in attivazione di tipo simpaticotonica, in questo secondo caso il recupero potrebbe essere inibito.

A livello di ematologia, con un piccolo prelievo capillare (lobo dell’orecchio o polpastrello del dito) può essere monitorato il livello di creatinfosfochinasi (CPK) o CK-MM. Tale enzima viene rilasciato dal muscolo in caso di rottura delle miofibrille e di conseguenza più i livelli ematici sono elevati e più il muscolo risulta provato dallo sforzo. Questi sono solo alcuni sistemi di monitoraggio attuabili.

La gestione dei mediatori infiammatori indotti dal lavoro fisico

L’infiammazione è la naturale conseguenza ad un danno provocato da uno sforzo elevato perciò è utile ed addirittura necessaria. Il problema è la modulazione della stessa, troppa è dannosa come la soppressione della stessa. Troppo spesso si ricorre all’uso di farmaci anti infiammatori, con conseguenze note come problemi di tipo gastrico ed impoverimento della ricchezza del microbiota intestinale, con conseguenze negative sulla salute. Esistono sistemi meno invasivi, molto spesso benefici, che possono aiutare a tenere sotto controllo quell’eccesso di infiammazione. Esistono alcuni modulatori dell’infiammazione ottenuti concentrando alcune molecole presenti in natura, in special modo provenienti dal mondo vegetale. Comunemente sono chiamati nutraceutici, in questo caso, essendo di natura vegetale si tratta di Botanicals. L’attività di queste molecole è quella di inibire l’infiammazione riducendo la presenza quantitativa di radicali liberi dell’ossigeno ed inducendo l’attivazione di una cascata di mediatori capaci di stimolare la produzione biologica di antiossidanti endogeni. Gli antiossidanti endogeni sono molto più potenti dei cosiddetti scavengers ad azione diretta; tra gli endogeni principali ricordo ad esempio il glutatione. Esiste quindi la possibilità di provare a modulare la produzione endogena di antiossidanti attraverso alcuni precursori degli stessi; il NAC ad esempio è precursore del glutatione ed il prodotto GSH di 4+ è stato formulato esattamente per garantire questo genere di induzione. L’infiammazione può trovare contenimento anche attraverso l’uso di botanicals ad alta titolazione. A tale scopo è stato formulato NODOMS, un integratore liquido costituito da nutraceutici estratti da barbabietola rossa, ribes nero, melograno e ciliegia rossa di Montmorency

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