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Equilibrio omega-3 e omega-6: perché è importante

OMEGA-3 E OMEGA-6 NELLA STORIA DELLA NUTRIZIONE

Il dibattito sull’importanza dell’assunzione di omega-3 ha generato parecchio interesse, soprattutto dopo l’avvento della dieta a zona che, a parte la distribuzione dei nutrienti identificativa, con il noto rapporto 40% di carboidrati, 30% di proteine e 30% di grassi, ha riformulato il concetto di ruolo dei lipidi assunti attraverso la dieta. Da questo momenti in poi i lipidi non sono più stati solo considerati fonti di energia, bensì modulatori dello stato di salute attraverso la biochimica dell’infiammazione. A partire dall’inizio del Novecento la la produzione di cibo ha iniziato ad operare ammodernamenti tecnologici dannosi per la salute umana, sostituendo i grassi saturi, come quelli presenti in carni rosse, uova e latticini, con grassi vegetali ricchi di acidi grassi omega-6, spesso raffinati attraverso processi di idrogenazione al fine di ottenerne caratteristiche tecniche perfette per la produzione industriale di massa. Va bene la produzione su vasta scala, ma perché ricorrere a prodotti dannosi per la salute? Certamente per i vantaggi produttivi associati a questa categoria di grassi; tali grassi sono inodore e insapore, perfetti per emulsionare prodotti da forno ad esempio, garantendone facilità di produzione e consistenza ottimale. Gli effetti dannosi di un consumo elevato di omega-6 e di grassi idrogenati non sono subito stati compresi, sono stati necessari tempo e studi per acclarare quanto potessero potenzialmente nuocere agli esseri umani. Ma se l’utilizzo dei grassi idrogenati è stato in buona parte soppresso, probabilmente per la crescente consapevolezza dell’opinione pubblica, il consumo eccessivo di acidi grassi omega-6 sembra non subire un cosciente contenimento nel loro utilizzo e consumo alimentare. Per quale motivo?

Rapporto omega-3 e omega-6: un equilibrio necessario

La situazione in questo caso è più complessa in quanto, al contrario dei grassi idrogenati, gli omega-6 se non contestualizzati nell’alimentazione generale e nello stile di vita per un individuo, non possono essere ferocemente additati come causa univoca delle patologie che affliggono le persone. In prima battuta voglio far riferimento al rapporto tra il consumo di acidi grassi omega-6 e omega-3. Per alcuni di voi sarà noto quanto storicamente, a partire dall’inizio del Novecento, sia accaduto al rapporto tra assunzione alimentare di omega-6/ omega-3, determinando uno scompenso nell’assunzione di omega-6 a sfavore degli omega-3. Tale rapporto, come sempre accade, deve restare in equilibrio, poiché l’assenza dei primi non sarebbe di giovamento per la salute umana.

BIOCHIMICA DEGLI ACIDI GRASSI ESSENZIALI: FUNZIONI E IMPORTANZA

Ciclo-degli-eicosanoidi Figura 1 - Ciclo degli eicosanoidi Conoscere la biochimica degli acidi grassi essenziali è interessante per capire la loro importanza e identificarne il ruolo biologico. Il metabolismo di omega-6 e omega-3 avviene principalmente nel fegato e segue due vie metaboliche distinte pur sfruttando gli stessi enzimi, nella fattispecie desaturasi ed elongasi. Come accade per altri nutrienti, ad esempio ferro e calcio, anche tra le due famiglie di omega (3 e 6) esiste una competizione per l’utilizzo di questi enzimi al fine di “percorrere” la propria via metabolica di aumento del numero di doppi legami e della propria catena carboniosa. Un altro concetto interessante è che gli omega-3 non possono essere trasformati in omega-6 e viceversa; concetto importante, in quanto la presenza in grande abbondanza di omega-6 porterebbe ad un importante sequestro degli enzimi destinati ad attivare la trasformazione biochimica dei precursori (ALA e LA) in effettori biologici. Quanto appena spiegato è importante soprattutto se nella dieta vengono assunti i precursori di EPA e DHA, quindi semi di lino, canapa e così via, mentre se nella dieta vengono assunti alimenti, o integratori, con EPA e DHA il problema biochimico per la formazione degli stessi viene aggirato, attraverso l’assunzione di questi acidi grassi già formati, per l’appunto. Data l’importanza degli omega-3 si può essere portati a pensare che non possa esistere abuso degli stessi nella dieta, che più se ne assumono e maggiori possono essere i vantaggi. Non è così: vediamo il perché.

OMEGA-3, OMEGA-6 E INFIAMMAZIONE

La cosa semplice da dire e da ripetere è che il rapporto omega-6/omega-3 nella dieta determina la predisposizione all’infiammazione: un elevato apporto dei primi rispetto ai secondi determina un aumento di citochine pro-infiammatorie con sviluppo degli intermedi (acido arachidonico) che sono alla base di eventi infiammatori nel nostro organismo; al contrario, una buona assunzione di omega-3 risulta essenziale per la prevenzione degli eventi infiammatori grazie alla presenza dei benefici EPA e DHA. Prima di entrare nel merito dell’infiammazione, presente alla base di molteplici patologie, è meglio chiarire dove anatomicamente esercitano la loro principale attività strutturale gli acidi grassi polinsaturi. Le membrane di tutte le cellule sono costituite da lipidi; i lipidi a loro volta ne garantiscono proprietà meccaniche come elasticità, rigidità e capacità di compenetrazione di membrana. Gli acidi grassi polinsaturi possiedono molteplici doppi legami nella loro catena di carbonio. Poiché ogni doppio legame provoca una piegatura nella catena del carbonio, gli acidi grassi polinsaturi non possono impilarsi così strettamente all'interno delle membrane cellulari come fanno gli acidi grassi saturi. Pertanto, l'incorporazione di acidi grassi polinsaturi aumenta la “fluidità” delle membrane cellulari. acido-grasso-saturo Figura 2 - Acido grasso saturo acido-grasso-insaturo Figura 3 Acido grasso insaturo Ne consegue che gli acidi grassi saturi siano stati a lungo additati come predisponenti in modo univoco alla rigidità di membrana; ma questo non basta. Così come non basta ricordare che anche gli acidi grassi omega-6 pur essendo acidi grassi insaturi sono associati all’infiammazione; si sono associati all’infiammazione, come se l’infiammazione, in generale e a qualsiasi livello, possa essere associata a patologie di vario tipo e calo della performance per lo sportivo. Il problema non è la presenza di un tipo di acido grasso o di un altro perché la presenza di acidi grassi saturi e omega-6 pro-infiammatori è assolutamente necessaria alla sopravvivenza, per cui figuriamoci se non lo è per performance e salute! Pensiamo ancora una volta all’equilibrio tra gli acidi grassi, è proprio qui che la materia diventa interessante e si fa più difficile. La biologia è tanto affascinante quanto complessa, l’equilibrio biologico è difficile da trovare e mantenere nel tempo, non esiste un sistema biologico statico, per cui non esiste una ricetta nutrizionale standardizzata per tutti e nemmeno per un singolo individuo in un lasso di tempo medio lungo. Prima di andare oltre è giusto ricordare che le principali fonti di acidi grassi Ω-6 sono oli vegetali, margarina, carne e cereali. Le fonti di acidi grassi Ω-3 sono l'olio di semi di lino, colza, soia o noci spremuti a freddo, il pesce e i frutti di mare. Si trovano in parte anche in uova e carni di animali nutriti con precursori di EPA e DHA, così come è più raro trovarli in pesce allevato con farine animali povere di tali acidi grassi omega-3 o precursori degli stessi, presenti tra l’altro, in alghe che spesso non rientrano nel ciclo nutrizionale tipico dei pesci d’allevamento.

DETERMINARE IL FABBISOGNO PERSONALE DI OMEGA-3 E OMEGA-6

Come dicevo poche righe fa, assumere grandi quantità di omega-3 potrebbe non essere la strategia più corretta da mettere in atto. Già dal 2010 sono apparsi degli studi pubblicati su Cancer Research che hanno messo in evidenza che un elevato consumo di omega-3 portava ad un aumento del rischio di colite e alterazione immunitaria. Mi pare chiara la plausibilità biologica: l’alterazione immunitaria è legata al fatto che un minimo livello di stress ossidativo nel nostro organismo è legato all’attività dei globuli bianchi che, per sopprimere le infezioni, producono perossido di idrogeno al fine di neutralizzare i patogeni. Spegnere anche queste molecole pro-ossidanti porterebbe ad una diffusione facilitata delle fonti patogene. E quindi? Quindi, per l’ennesima volta, è necessario ragionare in funzione della sovrana individualità biologica, sottoponendo il singolo individuo ad una batteria di semplici test, al fine di poter elaborare la miglior strategia nutrizionale. Dal punto di vista empirico è difficile riconoscere una carenza di tali acidi grassi. Non è possibile attribuire l’alta frequenza di infortuni muscolari di uno sportivo ad una carenza del consumo relativo agli omega-3. La strategia più semplice da mettere in atto passa attraverso un prelievo ematico venoso o capillare. Il prelievo sarà necessario per valutare il profilo lipidico delle membrane cellulari dei globuli rossi dell’individuo (lipidomica). Grazie a questo test è possibile capire che rapporto ci sia tra AA (acido arachidonico) e i 2 principali acidi grassi (EPA e DHA). Tale rapporto, se marcatamente sbilanciato sull’AA, favorirà i processi infiammatori e degenerativi dell’organismo, esponendolo a patologia e infortuni. Esiste un importante studio svolto su podisti che associa la quantità di km percorsi al consumo effettivo di omega-3: all’aumentare dei km percorsi aumenta la quantità di omega-3 consumati. In conclusione posso affermare che gli atleti professionisti, anche negli sport di squadra, debbano valutare seriamente l’integrazione di EPA e DHA. Per quanto mi riguarda, ritengo che dovrebbero assumere soprattutto i primi perché il loro ruolo biologico viene espletato soprattutto sull’infiammazione muscolare. Non a caso, in centinaia di test che ho potuto consultare, si è sempre evinto un aumentato fabbisogno di EPA rispetto ai DHA.

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